di Enrico Perversi

Il pesce puzza dalla testa non è solo un modo di dire, il ruolo del capo nel determinare la prestazione è decisivo

Pochi giorni fa, al termine di un percorso di coaching, commentavo con una manager i risultati da lei conseguiti nei mesi scorsi con particolare attenzione alla costruzione del suo team. Nel complimentarmi con lei per gli eccellenti obiettivi raggiunti, sottolineavo come le sue azioni, apparentemente banali, avessero modificato l’approccio delle persone, anche quelle con una conflittualità storica risalente nel tempo tanto da non avere concrete evidenze dei fatti a cui si riferisse perché precedenti al suo ingresso in azienda.
Cosa ha fatto di speciale e magico questa manager? Ha applicato trasparenza, rispetto, comunicazione aperta, ascolto e senso di responsabilità, nessuna formula segreta ma orientamento agli obiettivi e condivisione adulta. Grande successo riconosciuto da capi e collaboratori e quindi abbiamo cercato di capire insieme l’origine di questo cambiamento nelle persone. Nei collaboratori c’erano sicuramente doti, quelle innate che chiamiamo talenti, c’erano competenze derivanti da studi e dalla conoscenza profonda del mercato di riferimento, c’era esperienza spesso anche molto significativa nei contenuti e pluriennale nella durata, e allora a cosa erano dovuti conflitti, demotivazione e turn over del passato?
Ci ha aiutato a capire la formula che ha sviluppato il mio collega coach Davide Tambone in cui si dice che la Prestazione deriva dalla somma di Talento, Competenza ed Esperienza moltiplicata per l’Atteggiamento Mentale: P = ( T + C + E ) x AM.
La responsabilità primaria di un leader è proprio quella di lavorare sull’atteggiamento mentale dei collaboratori mettendoli nelle condizioni di dare il meglio di sé, dunque chi si sente coinvolto, rispettato ed apprezzato è disponibile a fare quel gradino in più che significa crescita. Si badi bene questo potrebbe significare passare dal livello 1 al livello 2 su una scala di da 1 a 10, quindi con ancora molti passi da fare, tuttavia l’atteggiamento mentale è un moltiplicatore molto potente. Si immagini infatti un collaboratore o un team con ottimi livelli di talento, competenza ed esperienza, diciamo 8, ma con un atteggiamento mentale non positivo, per esempio 4. È facile calcolare una prestazione pari a 96. Immaginiamo ora un secondo collaboratore con i tre addendi deficitari pari a 4 ma con una positività elevata pari a 8. Si verifica facilmente che anche in questo caso la performance è 96. Quindi motivazione, coinvolgimento ed interesse sono il fattore fondamentale per superare anche carenze di fondo, lo si verifica spesso anche negli sport dove squadre di serie inferiore riescono a prevalere grazie al loro atteggiamento mentale e alla concentrazione.
Il leader ha una grande responsabilità infatti può operare su talento ed esperienza solo se può scegliere i collaboratori, la formazione può fornire in breve tempo solo competenze specifiche, quindi può davvero agire nel breve e nel lungo periodo sull’atteggiamento mentale creando fiducia. Un bravo allenatore deve quindi lavorare su sé stesso per favorire la crescita delle persone che consentiranno il conseguimento dei risultati, tuttavia la realtà di molte aziende mostra situazioni diverse dove prevale il rimprovero sull’incoraggiamento, dove si cerca di imporre il cambiamento anziché farlo desiderare, dove si pensa che la ricompensa, cioè lo stipendio, sia una leva che possa sostituire il senso di appartenenza.
È difficile fare il capo, spesso incontro manager che si lamentano della loro squadra che giudicano non all’altezza, senza rendersi conto che sono loro i creatori della situazione, senza capire che la loro paura di perdere il controllo o di non veder riconosciuto il loro ruolo fa sì che scelgano di assumere atteggiamenti aggressivi che non determinano risultati duraturi. Un chiaro sintomo di questa situazione è la frase “devo sempre ripetere le stesse cose”.
Per essere seguiti dagli altri è necessario dimostrare che si desidera la loro crescita ma ciò avviene solo attraverso il riconoscimento di ogni progresso.