di Enrico Perversi

Nei discorsi di laurea tenuti nelle università USA il tema della collaborazione e dell’aiuto è presente in circa due terzi dei casi, ma è necessario fare attenzione.


Organizzazioni collaborative, team interconnessi, risorse condivise, lavoro per progetti, leadership motivazionale, sono i temi che ricorrono con maggiore frequenza negli articoli di management e nelle business school, tutti ne parlano, a ragione, in termini estremamente positivi ma nelle realtà aziendali si riscontrano anche fenomeni pericolosi quando non addirittura apertamente negativi per gli individui e per le organizzazioni. Mi riferisco allo stress che supera i limiti producendo il cosiddetto burnout, cioè l’esaurimento delle energie che raggiunge anche livelli patologici, fenomeno rilevante tanto da essere analizzato e oggetto di articoli su Harvard Business Review, dove due studiosi, Adam Grant e Reb Rebele, mettono in guardia da eccessi di generosità e altruismo che possono portare al logoramento.
Grant in un suo precedente libro, Give and Take, suddivide la popolazione aziendale in donatori (giver) e coloro che prendono (taker) aiuto e supporto, i primi sono preziosi per l’azienda e hanno anche maggior successo grazie al loro atteggiamento aperto ed empatico che li porta ad aiutare gli altri creando valore e praticando una leadership efficace. Lo si vede spesso nei team, ci sono persone che si offrono per cercare dati, scrivere documenti o contattare interlocutori, portano approfondimenti e mettono a disposizione le loro competenze in maniera molto generosa. Di solito entro breve tempo diventano quelli a cui vengono indirizzate le più disparate richieste ed il loro tempo si esaurisce tanto che li si vede lavorare di notte per fare il proprio lavoro, perché le ore diurne sono dedicate ad aiutare gli altri. Questo fenomeno può verificarsi anche con alcuni leader che vengono a trovarsi in condizioni simili con i propri collaboratori.
Temete di essere in questa situazione? È facile verificarlo, basta che valutiate in quale percentuale del vostro tempo vi trovate in “modalità risposta”: ricevete richieste e voi rispondete, siete bravi e quindi le richieste aumentano, la vostra mail si riempie, le riunioni a cui siete invitati occupano la gran parte della vostra agenda, vi ritrovate ad iniziare a fare il vostro lavoro alle 19 quando dovreste essere fuori dall’ufficio.
Se questo è il vostro caso, siete donatori altruisti, cioè coloro che cercano di accontentare tutti e spesso incidono meno di quanto credono, anche i pochi no che pronunciano non evitano loro di trascurare i propri interessi a beneficio di altri. Costoro dovrebbero chiedersi chi aiutare, come e quando, e mettere in ordine di priorità le richieste.
Ci sono poi i donatori incostanti, cioè coloro che dicono spesso di no ma in realtà oscillano tra accettare tutte le richieste o rifiutarle tutte, è il tipico atteggiamento di chi sconta gli effetti del burnout e non ha ancora ritrovato un equilibrio solido che gli consenta di fornire solo l’aiuto in linea con i propri interessi e con le proprie competenze avendo così un impatto maggiore senza esaurire le proprie energie ed il proprio tempo.
L’obiettivo è dunque quello di diventare donatori sostenibili, contributori solidi ed affidabili che aiutano sé stessi, team ed organizzazioni ad operare al meglio, aiutano gli altri restando fedeli alla propria specializzazione, cercando di essere proattivi (per esempio riunendo periodicamente chi potrebbe essere oggetto di supporto), gestendo con ferocia il proprio tempo (un elenco stampato delle domande formulate di frequente evita di ripetere la stessa cosa all’infinito) ed infine non aiutando tutti ma solo coloro che soddisfano i requisiti che si sono dati ed evitando accuratamente coloro i quali ricevendo un dito pretendono di prendere anche il braccio.
Chi non conosce a fondo le aziende obietterà sicuramente che si tratta di semplice buon senso ma allora perché nelle interviste degli ultimi 4 anni fatte dagli autori sopra citati solo il 25% sono risultati donatori sostenibili contro il 63% di donatori incostanti ed il 13% di donatori altruisti?