Il Consiglio federale segue con attenzione il dossier delle indennità di disoccupazione versate ai frontalieri (attualmente sul tavolo delle autorità dell’Unione europea) e sta valutando le eventuali conseguenze per la Svizzera. Lo si legge nella risposta a un’interpellanza di Lorenzo Quadri (Lega), secondo cui «la nuova versione» comunitaria avrebbe conseguenze pesanti per la Svizzera ed in particolare per il Ticino. Il deputato ticinese fa riferimento a una nuova normativa europea, in base alla quale a pagare la disoccupazione dei frontalieri dovrebbe essere lo Stato in cui il frontaliere ha lavorato l’ultimo anno e non più (come ora) quello di residenza. Oggi «gli oltre 314 mila frontalieri che lavorano nel nostro Paese pagano i loro contributi in Svizzera, ma ricevono le indennità dallo Stato di residenza», ricorda Quadri. In cambio la Svizzera versa ai Paesi di residenza dei frontalieri un indennizzo pari a 3 mesi di disoccupazione per chi ha lavorato meno di un anno o a 5 mesi per chi ha lavorato di più. Secondo il parlamentare leghista, il cambiamento di paradigma comporterebbe «costi di svariate centinaia di milioni di franchi all’anno a carico della Confederazione». Il Governo spiega che la nuova normativa deve ancora passare al vaglio del Consiglio e del Parlamento europei. «Attualmente, dunque, non è possibile sapere se il progetto sarà effettivamente adottato nella sua versione attuale, né quando». Tra Berna e Bruxelles il coordinamento della sicurezza sociale è disciplinato dall’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC). L’eventuale inserimento di nuove regole nell’accordo deve essere approvato dal Comitato misto, composto su base paritetica di rappresentanti di Svizzera e UE. Senza il consenso della Svizzera, quindi, non può essere apportata nessuna modifica.