Gli italiani e i mass media

Nove italiani su 10 guardano la tv e 1 su 2 ascolta la radio. I dati dell’Annuario Istat: nel 2016 calato il numero dei lettori di giornali, con solo il 12% degli under17 che sfoglia almeno un quotidiano a settimana. L’abitudine alla lettura dei quotidiani riguarda meno della metà della popolazione, con il 43,9% delle persone di 6 anni e più, che legge un giornale almeno una volta alla settimana.


Lo segnala l’Annuario statistico dell’Istat 2017 pubblicato all’inizio del 2018. La lettura dei giornali è prerogativa degli adulti: solo il 12% circa dei ragazzi fino ai 17 anni ne legge almeno uno in una settimana e si sale al 35% circa tra i 18-24enni. I lettori di quotidiani diventano quasi la metà della popolazione dei 25-44enni, mentre oltrepassano la metà solo a partire dai 45 anni, raggiungendo la quota più alta tra le persone di 60-64 anni (57,2%).
I giornali sono letti più dagli uomini (il 48,8% contro il 39,3% registrato tra le donne), soprattutto dai residenti al Nord (il 52,9% del Nord-est e il 48,3% del Nord-ovest contro il 45,4% del Centro, il 33,6 del Sud e il 37,1% delle Isole). Tra le regioni meridionali, la Sardegna costituisce un’eccezione: la quota di lettori di quotidiani raggiunge il 56,6%, superando quella di molte regioni settentrionali, come l’Emilia-Romagna (52,9%). Le persone che leggono i quotidiani cinque volte o più alla settimana sono il 35,4% dei lettori (il 31% delle lettrici e il 39,2% dei lettori); gli anziani sono i più assidui: oltre il 40% a partire dai 60 anni.
In ogni caso, evidenziano i dati, il 2016 si contraddistingue per una ripresa del calo di quanti si dedicano alla lettura dei giornali: meno 3 punti percentuali rispetto al 2015 quando la quota di lettori era pari al 47,1%. Coloro che leggono frequentemente (5 volte e più alla settimana), però, rimangono per lo più stabili, passando dal 36,3 al 35,4% della popolazione dai 6 anni in su.

In calo il numero degli editori attivi
Restando sempre nell’ambito editoriale, l’annuario segnala come in Italia si contino circa 2.000 tra case editrici e altri enti dediti alla pubblicazione di opere librarie, dei quali, tuttavia, nel 2015 solo 1.409 risultano attivi ossia risultano aver pubblicato almeno un’opera nel corso dell’anno. Nel 2015 sono stati pubblicati in Italia 55.554 libri, per un totale di quasi 157 milioni di copie. Rispetto all’anno precedente, tanto il numero dei titoli, quanto la tiratura, sono diminuiti, rispettivamente, del 3,9 e del 6,5 per cento. La quota di edizioni scolastiche sul totale si è ridotta drasticamente, risultando quasi dell’8% appena a fronte dell’11,9% dell’anno precedente. Le prime edizioni rappresentano, come negli anni precedenti, la maggior quota della produzione (61,6% nel 2015), a confermare un mercato che punta soprattutto sulle novità, piuttosto che sulla durata delle proposte editoriali.
Sotto il profilo delle materie trattate, prevalgono i testi letterari moderni, che superano i 58 milioni di copie, per quasi 13 mila titoli. Fra di essi, sono state stampati oltre 45 milioni di copie per circa 9 mila titoli di romanzi e racconti (esclusi i gialli). Religione e teologia hanno raggiunto un volume di 13 milioni di copie per circa 5 mila titoli.
La struttura dell’editoria italiana si conferma concentrata sulle realtà di grandi dimensioni e geograficamente polarizzata. La produzione di libri in Italia continua infatti a essere dominata dai grandi editori, che, pur rappresentando solamente il 13,9% del totale, coprono più di tre quarti dei titoli pubblicati (76,5%) e ben il 90,5% della tiratura. Nel 2015, mentre i piccoli editori, che sono il 56,6% del totale, hanno pubblicato ciascuno in media 4 titoli, in nemmeno 5 mila copie, i grandi editori ne hanno prodotti ognuno 217, con una tiratura di circa 700 mila copie.

Guardare la tv è un’abitudine consolidata
Guardare la tv è un’abitudine consolidata fra la popolazione di 3 anni e più: il 92,2% delle persone la guarda e l’86,7% di queste lo fa con frequenza giornaliera. La televisione si vede abitualmente in tutte le fasce di età, ma i telespettatori sono più numerosi tra i giovanissimi e gli anziani e, in particolare, tra i 6-14enni e i 65-74enni (per entrambi pari a circa il 96%). Le donne che guardano la tv sono di poco più numerose degli uomini (92,9% contro il 91,4% degli uomini) in tutte le fasce di età eccezione fatta per le bambine di 3-5 anni, le 18-19enni e gli anziani di 75 anni e più. Gli spettacoli televisivi vengono visti più dai residenti del Mezzogiorno che da quelli del Centro-nord: il 93,4% della popolazione del Sud e delle Isole, contro il 91,2% del Nord e il 92,6% del Centro.
Nel 2016 la quota di spettatori televisivi sulla popolazione di 3 anni e più rimane stabile; significativo solo l’aumento di quanti dichiarano di guardarla per ‘qualche giorno’ (si passa dall’11,4% del 2015 al 13,3% del 2016).

Ascoltare la radio è una consuetudine meno diffusa

L’ascolto della radio è, invece, meno diffuso: poco oltre la metà delle persone di 3 anni e più (53%) segue le trasmissioni radiofoniche e di queste quasi il 60% lo fa quotidianamente. In questo caso le differenze generazionali, di genere e territoriali sono più marcate. In modo opposto a quanto accade per la televisione, i programmi radiofonici sono maggiormente seguiti dalle persone di età centrale (i radioascoltatori tra i 20 e i 54 anni sono il 65% circa), dagli uomini (54,3% il 51,8% delle donne) – anche se le ascoltatrici sono più degli ascoltatori fino ai 44 anni – e dai residenti nel Nord (56,3% contro il 52,8% del Centro e il 48,8% del Mezzogiorno).
Il pubblico della radio comunque diminuisce sensibilmente (nel 2015 era il 57,9% della popolazione di 3 anni e più) e in modo generalizzato (sia tra gli uomini sia tra le donne, in tutte le fasce di età e ambiti territoriali), anche se i fidelizzati mostrano un maggiore attaccamento: la quota di coloro che affermano di ascoltarla tutti i giorni aumenta da 55,4% a 59,7.

Cresce il tasso di utilizzo di internet

Passando al web, i dati evidenziano che nel 2016, il 56,1% della popolazione di 3 anni e più ha usato il personal computer e il 63,2% di quella di 6 anni e più afferma di fare uso di Internet. L’uso del personal computer coinvolge soprattutto i giovani e raggiunge i livelli più elevati nelle fasce di età 15-17 anni e 20-24 anni (83,2%) e 18-19 anni (82,4%). Dai 25 anni in poi la quota degli utilizzatori, pur mantenendosi su valori elevati, inizia a diminuire gradualmente fino a raggiungere i valori più bassi nelle fasce d’età più anziane (il 26,4% per i 65-74 anni e il 7,5% per i 75 anni e più).
Un andamento del tutto analogo si riscontra per l’uso di Internet. Le differenze di genere, nonostante il generale innalzamento dei tassi di utilizzo sia del personal computer sia di Internet degli ultimi anni, rimangono pur sempre evidenti. Il 60,9% degli uomini dichiara di utilizzare il personal computer a fronte del 51,5% delle donne. In modo del tutto analogo, il 67,6% degli uomini usa Internet contro il 59% delle donne. Il dislivello a sfavore delle donne si riscontra in tutte le fasce di età, fatta eccezione – nell’utilizzo del personal computer – per le giovanissime dai 3 ai 5 anni e le 15-24enni e mai nell’uso di Internet. Nelle fasce di età successive, le differenze di genere si accentuano considerevolmente tanto da riscontrare una prevalenza maschile di oltre 13 punti percentuali tra i 60-74enni nell’impiego sia del personal computer sia di Internet.
Il Mezzogiorno continua a rimanere indietro nell’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Nel 2016 dichiara, infatti, di utilizzare il computer il 48,4% della popolazione residente nel Sud e il 46,2 per cento nelle Isole, mentre si rileva una quota che va oltre il 60 per cento nel Nord ed è pari a 58,9% nel Centro.
Di pari passo, l’uso di Internet registra una minore diffusione nell’Italia meridionale e insulare: viene utilizzato da poco più del 55% dei residenti nel Mezzogiorno, contro il 67,6% degli abitanti del Nord-ovest, il 66,9% del Nord-est e il 66,4% dei residenti nel Centro. Le aree metropolitane, sia nel comune centro sia nella sua periferia, sono, inoltre, quelle in cui viene maggiormente usato il personal computer e dove si naviga di più in Internet. Considerando la frequenza di utilizzo, si evidenzia la netta diffusione dell’uso quotidiano sia del personal computer sia di Internet: rispettivamente pari al 33,4% delle persone di 3 anni e più e al 44,6 per cento delle persone di 6 anni e più. Ed è proprio tra chi ne fa un utilizzo giornaliero che si concentrano maggiormente le differenze sia territoriali sia di genere.
Nel tempo sempre più persone usano il personal computer, sebbene nel 2016 si registri un lieve calo degli utilizzatori giornalieri, probabilmente legato all’uso strumenti alternativi. A partire dal 2001 (primo anno in cui ne è stato rilevato l’utilizzo) ad oggi la quota di individui che ne fa uso è aumentata di quasi 20 punti percentuali (da 36,9% passa a 56,1%), pur essendo stata caratterizzata da fasi di stazionarietà dal 2014. Il tasso di utilizzo riprende a salire nel 2015 per poi rimanere sostanzialmente stabile nel 2016. Contrariamente a quanto accade per il ricorso al personal computer, l’uso di Internet coinvolge sempre più persone di anno in anno (il maggiore incremento si è avuto negli anni tra il 2008 e il 2010) e continua nel 2016 con un balzo in avanti del 2,9 per cento rispetto al 2015. Continuano ad aumentare gli utilizzatori “forti” (sia tra le donne sia tra gli uomini): le persone che dichiarano di utilizzare la rete tutti i giorni passano da 40,3 a 44,6 per cento. In parallelo diminuiscono coloro che dichiarano di non aver mai utilizzato Internet: da 38,0 a 34,9.

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