di Giuseppe Muscardini


Il 24 agosto scorso Guido Ceronetti ha compiuto novant'anni. Filosofo, giornalista, studioso, traduttore e commentatore di testi antichi, è nato nel 1927 ad Andezeno, a 20 chilometri da Torino. Oltre che ad una profonda erudizione, lega il suo nome alla Svizzera italiana per aver donato manoscritti, appunti e testi teatrali alla Biblioteca Cantonale di Lugano, depositandoli senza interruzione presso l'Archivio Prezzolini.

Un veggente a Lugano
La vena ironica, potremmo dire caustica, l'abbigliamento fuori del comune di chi non si cura minimamente delle griffes e delle tendenze della moda, il sorriso stampato per natura sulle labbra, non devono ingannarci. Se abbiamo la fortuna di incontrarlo nei luoghi che solitamente frequenta, a Torino, a Cetona o a Lugano, Guido Ceronetti ci apparirà come un anziano stravagante, con il basco largo calato sul lato destro del capo, portato con disinvoltura alla parigina, e i capelli lunghi color della cenere. Anziano lo è, stravagante pure, ma con i suoi novant'anni di età, compiuti in questi giorni, è uno degli intellettuali più stimati del nostro tempo. Ha dato molto alla cultura italiana con saggi, studi, traduzioni di classici latini, testi poetici e teatrali che hanno catturato generazioni di studenti in cerca di una qualche verità, difficile da individuare nel mondo contemporaneo.
Al Novecento occorreva un pensatore come Guido Ceronetti per ribadire - alla stregua di Hermann Hesse con il suo memorabile Siddharta, scritto a Montagnola, in Ticino, fra il 1921 e il 1922 - che le vie da percorrere per interpretare il mondo e raggiungere la verità sono spesso accidentate e molto diverse fra loro. In questo consiste la stravaganza di Ceronetti: la si ritrova nella sua filosofia di vita e nel suo teatro, a cui non a caso ha assegnato il nome di “Teatro dei sensibili”, prendendovi parte a lungo come attore ed esibendosi in ambienti circoscritti come un salotto di casa o, scelta preferita, sulla strada piuttosto che in luoghi ufficiali consacrati allo spettacolo e alla rappresentazione. Sotto questa angolazione va decifrata la volontà di Ceronetti di affidare il proprio archivio, che raggruppa manoscritti, articoli, saggi filosofici, testi teatrali e poetici, alla Biblioteca Cantonale di Lugano, dove è scrupolosamente conservato. Un’operazione culturale iniziata nel 1994 in piena collaborazione con i capaci e diligenti curatori delle raccolte, e che ancora continua: un fondo, quello di Ceronetti, incessantemente implementato di materiali e documenti destinati ad avere una sempre maggiore visibilità presso il pubblico interessato alla produzione di questo autore non convenzionale, che qualcuno ha simpaticamente definito il veggente di Cetona.

Altre donazioni di autorevoli letterati italiani alla Svizzera

Anche Giuseppe Prezzolini decise a suo tempo di donare i propri materiali alla Biblioteca Cantonale di Lugano, persuaso che da Milano fosse possibile raggiungere la città sul Ceresio in giornata, mettendosi in tasca un pane gravido per il pranzo, alludendo ad un sandwich, espressione anglicizzante che detestava per fedeltà alla lingua italiana. Ennio Flaiano e Fulvio Tomizza ne seguirono l'esempio, spinti dalle stesse motivazioni a cui ora aderisce anche Ceronetti, estimatore e frequentatore della Svizzera.
Collaboratore negli anni Ottanta e Novanta dei quotidiani ticinesi Corriere del Ticino e Giornale del Popolo, trasferì sulla pagina quella grande conoscenza grazie alla quale è stato insignito in Italia di onorificenze prestigiose per aver dato lustro al nostro Paese con una serie di pubblicazioni, prevalentemente uscite con i tipi di Adelphi. Accattivanti i titoli: Il silenzio del corpo, La carta è stanca, La musa ulcerosa, La pazienza dell'arrostito, testi compilati con il linguaggio della sapienza e oggi ritenuti indispensabili per comprendere le vette e gli abissi del mondo contemporaneo. Nel 2005, a pochi giorni dall’elezione a Pontefice del suo coetaneo Joseph Ratzinger, Ceronetti fu intervistato da Michele Fazioli, conduttore all’epoca della rubrica televisiva Controluce della RSI Radiotelevisione Svizzera. In quell’occasione, una delle poche in cui si concesse ad un’intervista televisiva, espresse il suo pensiero senza titubanze e con estrema coerenza, sottolineando come la sua predilezione per la Svizzera e la scelta di incrementare con continuità il suo “Fondo senza fondo” a Lugano, dipendesse dalla consapevolezza che in Svizzera il senso della legge e del rispetto delle cose è più percepito che altrove.
Ci piace constatare che dopo dodici anni da quell’intervista, nel corso della quale Michele Fazioli non nascose un certo imbarazzo per le risposte irrituali alle domande che rivolgeva al suo colto ospite, la verve intellettuale di Ceronetti non è mutata. Per di più pare intramontabile. A questo ci conduce la sua persuasiva idea dello scorrere del tempo: esiste un’età anagrafica e un’età dello spirito, che può essere anche di settecento o ottocento anni, a seconda di quanto sapere è stato possibile assorbire ed elaborare, di come sia stato utilmente sfruttato e delle strade percorse per acquisirlo. Che cosa sono, allora, novanta anni di fronte a questa dilatazione del tempo? Viene fatto di domandarsi: non sarà questa l’immortalità? Difficile la risposta, ma il “Fondo senza fondo” del novantenne Guido Ceronetti depositato alla Biblioteca Cantonale di Lugano, una qualche indicazione per raggiungere almeno la longevità, se non l’immortalità, certamente deve contenerla. Non fosse altro che per i preziosi suggerimenti sul vegetarianesimo, di cui Ceronetti è un convinto assertore.

Ceronetti e l'esperienza zurighese di Bircher-Benner
Senza essere moralizzatore severo, scardina le coscienze con la parola, pone interrogativi e fa apparire malsane certe nostre consuetudini morali ed estetiche. In un lungo articolo apparso ne La Stampa di Torino l'8 agosto di venti anni fa, a proposito delle più inadeguate espressioni linguistiche in uso, Ceronetti scriveva con evidente sarcasmo: “Bistecca è sempre accompagnata dall’aggettivo “bella”. L’italiano automatico dice «una bella bistecca». Non so a quale grado di bellezza assegnarla, ma una bistecca mi pare lontana dalla 'Beatrice Cenci' di Guido Reni e dalla cattedrale di Trani”.
Difendendo il principio secondo cui occorre nutrirsi rispettando il mondo animale e l'ambiente, ne La carta è stanca non manca di menzionare per dedizione verso la Svizzera l'esperienza di Maximilian Oskar Bircher-Benner, di cui quest'anno ricorrono i 150 anni dalla nascita: a Zurigo aprì il Sanatorium Lebendige Kraft (Forza Vivente) modificando radicalmente il diffuso regime alimentare a base di carne. In alternativa adottò per i suoi pazienti una dieta a base di vegetali, carboidrati, latticini e frutta che, pur contro l'opinione di molti, appariva a suoi occhi come terapeutica. Un dovuto omaggio di Guido Ceronetti al medico riformatore di Zurigo. Che si ami o meno la bistecca. Ma a giudicare dal buon riscontro ottenuto dal workshop Veganitaly, svoltosi nell'aprile scorso a Zurigo presso l'Hiltl Akademie (Sihlstrasse, 24) su iniziativa della Camera di Commercio italiana per la Svizzera, la schiera di quanti la pensano come Ceronetti è piuttosto ampia.