Al Museo del Paesaggio – Palazzo Viani Dugnani, Verbania fino al 1° ottobre

di Augusto Orsi

“In nessuna età come la nostra, inquieta e variabile, si è sentita più profondamente la misteriosa affinità che lega l’anima umana al paesaggio”.
Sono parole di Antonio Massara, fondatore nel 1909 del museo che dal 1914 ha assunto la denominazione di Museo del Paesaggio e ha trovato sede a palazzo Viani Dugnani, Verbania. Un museo nato con l’intento di far conoscere, amare e difendere il paesaggio del Verbano, immerso oggi in una cornice ancora più suggestiva grazie ai suoi roseti d’eccellenza. Un luogo che ospita collezioni di pittura, scultura, archeologia e religiosità popolare. Dal lontano 1938, anno in cui gli eredi di Paolo Troubetzkoy donarono i gessi dello scultore, la collezione si è arricchita, è stato istituito un Centro Studi del Paesaggio, sono state inaugurate altre due sedi (Palazzo Biumi e Casa Ceretti), ci sono volute manutenzioni, aperture e chiusure, l’ultima delle quali terminata a giugno 2016 dopo due anni e mezzo di restauri. E, in occasione della riapertura al pubblico del piano nobile di Palazzo Viani Dugnani, è stata inaugurata la mostra I volti e il cuore, La figura femminile da Ranzoni a Sironi e Martini.
L’esposizione comprende circa ottanta opere e intende esaminare, attraverso le collezioni del Museo del Paesaggio di Verbania, integrate con opere di Mario Sironi della raccolta Isolabella e di Cristina Sironi, sorella dell’artista, il ruolo e la presenza della donna nella pittura e nella scultura dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento.
Le 11 sezioni catalizzano l’attenzione su nuclei tematici come gli affetti, il nudo o il lavoro femminile, per poi zoomare sull’opera di alcuni esponenti di spicco dell’arte italiana fra Ottocento e Novecento: dalle aeree tele “dipinte col fiato” dello scapigliato Daniele Ranzoni – fra cui un riuscitissimo Ritratto della principessa Margherita di Savoia – alla pittura espressionista e simbolista di Adriana Fabbri e Sophia Brown, verbanese d’adozione. Dalle figure plastiche ed enigmatiche di Mario Tozzi si va alla Madre che cuce, alla Cocotte e alla Vittoria Alata di Sironi, rappresentative delle fasi principali della ricerca artistica del pittore di origini sarde.
Un discorso a parte merita il capitolo dedicato ad Arturo Martini, fra i numi tutelari del Museo del Paesaggio. Qui alle linee austere e maestose, d’ispirazione quattrocentesca, del Busto di Fanciulla si accostano l’atmosfera lirica di Adamo ed Eva. La Cacciata dal Paradiso e il vitalismo brillante dei corpi femminili nella Famiglia degli Acrobati. Da non perdere La scoccombrina, fra i ritratti più riusciti di Martini, dove una fisionomia irregolare e pregna d’emozione prende il posto degli usuali lineamenti levigati. La sua lunga carriera lo porta a divenire lo scultore ufficiale del regime fascista e ad occuparsi, di grandi opere celebrative e monumentali.
Riaperto dopo un lungo restauro, il settecentesco Palazzo Viani Dugnani ospita una delle più ricche collezioni di opere del grande scultore di origine russa Paolo Trubetzkoy, con ben 340 gessi, oltre a esempi dei più importanti movimenti artistici sviluppatisi in Italia fra Ottocento e Novecento, fruibili nel nuovo percorso curato da Elena Pontiggia.