In Ticino il fenomeno dei padroncini e dei lavoratori distaccati ha ingranato la retromarcia. Cifre alla mano, nel 2017 il numero di prestatori di servizio indipendenti che si sono notificati alle autorità cantonali ha registrato un calo del 32,4% rispetto al 2016. Passando così da quota 3.909 a 2.642 unità. Netta flessione anche per i lavoratori distaccati, diminuiti del 16,4% (da 9.529 a 7.962 unità) sull'arco dell'anno.
Tutto bene allora? Non proprio. Già perché come emerso dal bilancio dell'Associazione interprofessionale di controllo (AIC), se l'afflusso di padroncini e distaccati sta rallentando a dare invece un colpo di gas sono le assunzioni di manodopera straniera presso un datore di lavoro svizzero, cresciute del 17% rispetto al 2016 (da 13.078 a 15.305). Detto in altre parole, in media ogni giorno sono stati assunti sei lavoratori esteri. «Fatta la legge trovato l'inganno – commenta Renzo Ambrosetti, presidente dell'AIC - se da un lato nel 2017 abbiamo assistito ad una frenata dei padroncini a seguito dell'andamento dell'edilizia e dell'entrata in vigore della Legge sulle imprese artigianali, dall'altro non c'è voluto molto prima che i furbetti escogitassero un trucco per continuare ad operare in Ticino».
Per legge infatti, i lavoratori stranieri possono operare sul nostro territorio per un massimo di 90 giorni. «Una volta esaurito questo diritto ci sono però ditte che affidano i propri dipendenti ad agenzie di collocamento che, a loro volta, piazzano questa manodopera e il gioco è fatto», aggiunge Ambrosetti che non manca di lanciare una frecciata alle autorità federali: «Il problema è che questo modo di fare, di per se, non è illegale. Ma è un escamotage che abbiamo segnalato a più riprese alla SECO sperando in un suo intervento perché non si può continuare in questo modo». Per il momento però, da Berna «non è giunta nessuna risposta soddisfacente».