Percy Harrison Fawcett (Charlie Hunnam) è un colonnello irlandese che negli anni antecedenti la Grande Guerra viene mandato dall’esercito inglese a esplorare le giungle del Mato Grosso, in Brasile, insieme ad Henry Costin (Robert Pattinson), per tracciare delle mappe in un territorio su cui la Corona vuole rafforzare il proprio controllo. Durante le settimane di traversata fluviale al seguito di una guida indigena, Fawcett e i suoi compagni trovano frammenti di manufatti e intagli nel legno che li convincono dell’esistenza di una civiltà perduta e delle rovine del suo insediamento: nasce il mito della città di Z, ultimo avamposto della civilizzazione.
Al ritorno in patria Fawcett, grazie anche a un vecchio manoscritto ritrovato dalla moglie (Sienna Miller) nella biblioteca nazionale di Rio de Janeiro che sembrerebbe confermare l’esistenza della città, convoca i suoi pari per proclamare la scoperta e ripetere il viaggio, stavolta con il preciso obiettivo di scovare Z. Ci proverà alla fine due volte, a cavallo del conflitto mondiale, facendo perdere le sue tracce assieme al figlio nella spedizione del 1925.
The Lost City of Z è il racconto di un’odissea. Nulla a che fare con una visione scanzonata alla Indiana Jones. La giungla è dura, fa vomitare sangue, fa morire di fame o trafitti da una freccia, e solo con un lungo addestramento fisico e psicologico è possibile affrontarla, proprio come se fosse una trincea. Non è possibile resistere al suo richiamo, che si trasforma in una sorta di ossessione.