Christian è il curatore di un importante museo di arte contemporanea di Stoccolma. Grazie ad una donazione acquista The Square, un'opera, che altro non è che un quadrato delimitato da un perimetro luminoso piazzato a terra, con una targa che recita: "Il Quadrato è un santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi diritti e doveri”.
Una mattina, sulla strada per il lavoro, soccorre una donna in pericolo e si scopre derubato del telefono e del portafoglio. Su suggerimento di un collaboratore, Christian una lettera in cui reclama i suoi averi rubati, innescando una serie di conseguenze che spingono la sua rispettabile ed elegante esistenza in una vertigine di caos.
In questo personaggio che si muove in Tesla, che è sempre elegante, che si porta a letto una giornalista tv esibendo poi la legittimità dell'orgoglio per il trofeo ottenuto, generoso solo quando ha tornaconto o quando gli gira bene, che predica bene e razzola male, si concentrano tutte le ingiustizie e le contraddizioni del nostro mondo. C'è la forbice socio-economica che taglia in due le nostre società, c'è la cialtroneria e l'immaturità della classe dirigente.
Ma Christian non agisce mai in malafede, o con arroganza. Non è cattivo: è che lo disegnano così, come siamo disegnati noi. È umano. Per questo, in lui, ci si può (ri)specchiare.
Ma in fondo, come l’opera d’arte contemporanea di cui prende il nome, The Square è anche un film aperto all'interpretazione che il pubblico gli vorrà dare, e questa, forse, è la sua caratteristica più preziosa.