di Giuseppe Muscardini

Un uomo e una donna uniti nella vita per indurci a pensare, in italiano, ai nostri margini. E per comprendere, attraverso le immagini, con quale materia gli stessi margini sono stati fabbricati. E come varcarli.

Nato a Netstal nel Canton Glarona nel 1904 e scomparso a Ginevra nel 1980, Ludwig Hohl ha influenzato il pensiero e la produzione di Max Frisch, di Adolf Muschg, di Peter Bichsel e di Friedrich Dürrenmatt. È pertanto doveroso dare giusto risalto all’opera e alla figura di un letterato che non ha goduto di notorietà, nonostante la pregnanza stilistica con cui espresse gli esiti della sua raffinata investigazione.

Un autore tormentato

Destino comune a molti, diremo noi con la mente rivolta a Robert Walser e a Friedrich Glauser. Ma nel caso di Hohl lo stupore si fa ancora più grande se si richiamano alla memoria le parole elogiative che Friedrich Dürrenmatt gli riservò, giudicando i suoi scritti come fondamentali e non accessori: Hohl è necessario, noi siamo contingenti. Noi documentiamo ciò che è umano, Hohl lo stabilisce. L’opera più importante di Hohl, alla quale Dürrenmatt fa riferimento nel suo encomio, è intitolata Die Notizen oder von der unvoreihgen Versöhnung, pubblicata a Zurigo nel 1944 da Artemis, ma tradotta in lingua italiana solo nel 1999, poi uscita con il titolo contratto di Note per i tipi della Casa editrice milanese Marcos y Marcos. Il lettore italiano che si accosta al libro avrà la possibilità di comprendere l'insito significato dell'immagine di copertina solo procedendo nella lettura: vi compaiono numerosi fogli appesi a fili con le mollette, come indumenti ad asciugare dopo il bucato.
Ci sorprende il divario temporale fra la prima edizione dell’opera di Ludwig Hohl, uscita in tedesco in due parti - rispettivamente nel 1944 e nel 1954 - e la successiva traduzione italiana. La verità è che lo spessore intellettuale di Hohl è passato a lungo sotto silenzio a causa di un percorso esistenziale travagliato, che ha posto l'autore nella condizione di doversi trasferire prima in Francia e poi in Olanda, per ritornare negli anni Cinquanta in Svizzera, dove prese alloggio in una cantina di Ginevra. Questa è l’immagine più veritiera che abbiamo di Ludwig Hohl: un signore âgé dai toni amabili e dall'aria distaccata, ben vestito con giacca e cravatta, in un ambiente angusto e senza finestre, davanti alla scrivania ricolma di libri e cartelle, con numerosi fogli, disegni e fotografie che pendono dal soffitto, agganciati a fili che corrono in alto. È il commovente ritratto di Hohl restituito dal fotografo Roger Montandon, che in un'istantanea coglie lo scrittore non più giovane contrapponendo la sua figura in primo piano ad un disordine ambientale del tutto ininfluente, ma solo pittoresco. Come se l’esteriorità fosse secondaria rispetto alla pressante necessità dell’esplorazione dell’esistenza, alla quale Hohl sempre ubbidì.

Le immagini di un pensatore, rese dalla moglie artista


Ludwig Hohl è stato ripreso in pose quotidiane anche dai fotografi Jean Mohr e Daniel Vittel, oltre che dal regista Alexander J. Seller, che ha impiegato i fotogrammi per un cortometraggio intitolato Film in Fragmenten. Le immagini hanno un impatto che rimane nel tempo: ci si chiede come il destino possa decretare per certi esseri umani situazioni tanto proibitive, pur compensate da una rara limpidezza di pensiero ancora persistente in età avanzata, e per di più condita da invidiabile fierezza.
Almeno negli affetti Ludwig Hohl fu premiato: la nota artista zurighese Hanny Fries (1918-2009), che negli anni Quaranta con lui condivise a Ginevra l’esistenza, ritrasse il marito in disegni di grande effetto, con le medesime valenze celebrative dei ritratti realizzati per immortalare le scene del teatro di Dürrenmatt, esposti dieci anni fa, nel gennaio-marzo 2007, presso lo Stadthaus di Zurigo. Dürrenmatt in Schauspielhaus Zürich Theaterzeichnungen. 1954-1983, era il titolo di quella mostra curata dal Centre Dürrenmatt di Neuchâtel. Con uguale realismo, Hanny Fries fornì dell’ex-marito una dipintura fedele e attendibile, esempio superbo di ritratto psicologico di un uomo in costante meditazione, il viso un poco avvizzito, lo sguardo perso in qualche idea dominante. Così appare Hohl anche in una tela in cui si delineano, fra pastose e materiche pennellate di colore, i tratti e i vezzi dell'uomo di profilo, i capelli lunghi e la sigaretta che gli pende dalle labbra, mentre è immerso nella lettura di un libro. La stessa Fries ebbe poi il privilegio di ritrarlo nel 1980 nella definitiva e inanimata posa della morte. Quelle immagini restituiscono di Ludwig Hohl la dimensione più autentica, ammantando il periodo conclusivo della sua vita di una profonda tenerezza. Una tenerezza prodotta dal naturale illanguidirsi di tutti noi di fronte alla vicenda di un uomo costretto a vivere a lungo in una deprimente cantina, ma sempre capace di entusiasmarsi quando, all’interno di quel locale asfittico, inseguiva il flusso delle idee con mente lucida e ancora cosciente delle proprie potenzialità.

Il percorso editoriale italiano

Se negli ultimi dieci anni l'opera e la biografia di Ludwig Hohl è stata importata in Italia, oltre che all'impresa editoriale della Marcos y Marcos lo si deve alle iniziative dall'Istituto Svizzero, che nello Spazio Culturale di Venezia allestì nello stesso 2007 - anno della citata esposizione su Dürrenmatt curata da Hanny Fries allo Stadthaus di Zurigo - una mostra fotografica completata dall'accurato studio di Peter Erismann e Anna Ruchat Ai margini del vuoto. Ludwig Hohl e l'evocazione delle cose, uscito dai torchi delle Edizioni Effigie di Milano. Da quella Venezia ricca di fascino che Hanny Fries conosceva per aver in più occasioni viaggiato in Italia, da quella zona lagunare da lei stessa tratteggiata in un gradevole olio su tela raffigurante la Stazione di Mestre, si diede avvio in Italia alla scoperta delle riflessioni dell'ex marito, di cui lei aveva illustrato con quindici schizzi l'edizione zurighese della raccolta di racconti Nächtlicher Weg, Morgarten-Verlag, Conzett & Huber, 1953, poi resa in lingua italiana nel 1991 dalla Marcos y Marcos con il titolo di Sentiero notturno nella traduzione di Giusi Valent. Senza quelle iniziative culturali, senza le traduzioni, non avremmo recepito in Italia la profondità del grande sentire di Ludwig Hohl, che così espresse un concetto sostanziale sulle complesse modalità dell'uomo di rapportarsi con il reale: Il mondo consiste di strade, pochissime delle quali sono già state percorse. Tutto lo spazio inafferrabile intorno a te è fatto di strade che tu non vuoi riconoscere come tali. Le strade, l’uomo non le deve costruire. Avere il coraggio di riconoscere una strada, questa sì è una conquista. Un concetto che vale per tutto. Uno di quei punti fermi su cui non esistono dubbi di sorta intorno alla sua validità. Istiga al coraggio, al recupero degli entusiasmi perduti, alla consapevolezza che molto ancora resta da fare. Ribadisce che, se noi siamo nani sulle spalle dei giganti, che tutto è già stato detto da altri e non c'è niente da scoprire ma solo da riscoprire, è anche vero che osservando attentamente il mondo (quello dei commerci e dei rapporti umani), fuori dal vuoto che abbiamo creato attorno a noi per non aver contrastato la graduale despiritualizzazione della società, restano per fortuna ambiti in cui la ricognizione sui valori più saldi ha ancora senso. Ma per non teorizzare troppo, per non filosofeggiare oltre il consentito, basti qui sottolineare come la lettura di Ludwig Hohl serva ad avere uno sguardo diverso sul mondo che ci circonda. Il che vuol dire, a conti fatti, uscire dai margini.