Incontro con Doriano Marcucci

“Da artista penso e da artigiano realizzo”


Creatività, ingegno, tecnica e pregio si fondono per creare un prodotto unico. Maestro di arte e musica, dotato di alta sensibilità e creatività, Doriano Marcucci è un degno rappresentante del Made in Italy, che da sempre ma oggi più che mai, sente la necessità di riaffermarsi in tutto il mondo per l’alta qualità dei prodotti, bellezza e tradizione


L’elegante volume 100 Eccellenze Italiane, Limited Edition, pubblicato su carta patinata, annovera personaggi, aziende ed enti che con il loro lavoro hanno contribuito e contribuiscono a rendere grande e riconoscibile il marchio “Italia”, espressione di una secolare tradizione, stile di vita e passione per la bellezza.
Nel settore delle calzature artigiane l’Eccellenza ha il nome di Doriano Marcucci, premiato lo scorso 3 Dicembre 2015, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio.
Marcucci è originario di Montegranaro (Fermo), luogo in cui vive e lavora, centro pulsante del distretto calzaturiero. È stato l’allievo prediletto di Basilio Testella, soprannominato “Vasí”, classe 1930, il quale ha insegnato l’arte di realizzare scarpe, ai calzaturieri che hanno reso le Marche famose nel mondo.
Artista nel pensiero e nella fantasia, artigiano nella manualità e nella realizzazione, Doriano Marcucci è la dimostrazione che, spinti dalla passione e dall’entusiasmo per il proprio lavoro, si può arrivare a raggiungere traguardi stupefacenti.
L’antica e prestigiosa Università di Camerino, nel 2014, ha conferito al Maestro l’attestato per essersi distinto nella produzione artigianale di altissima qualità e aver diffuso il nome delle Marche in Italia e all’estero. Nel 2011 in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, Marcucci ha realizzato scarpe interamente a mano per il Presidente della Repubblica, che in quegli anni era Giorgio Napolitano. Ha ideato e creato le meravigliose scarpe per Papa Benedetto XVI.
La sua bottega è stata visitata da emittenti tv locali, nazionali e internazionali provenienti da Russia e Cina.
Nella meravigliosa bottega Vicolo d’Arte, Doriano Marcucci realizza calzature da uomo interamente a mano, creazioni uniche, vere proprie opere d’arte. Sita nel centro storico di Montegranaro, sintesi di esperienze personali e tradizioni storiche, la bottega è uno scrigno. Una suggestiva atmosfera la caratterizza, viene considerata una delle più particolari ed antiche botteghe italiane, si percepiscono odori di pellami che si intrecciano e si confondono con i sapori del vicolo del borgo. Osmosi di arte, musica e tradizioni.
“Io mi sento artista dove l’artigianalità e la manualità mi fa tirare fuori quello che è il pensiero. Quando io penso qualcosa di particolare non faccio mai prove, da artista penso e da artigiano realizzo ..io riesco a vedere le cose prima di iniziarle..”
Siamo andati a trovare Doriano Marcucci nella sua bottega, ci ha accolto con molta simpatia e ci ha rilasciato una lunga ed interessante intervista.


L’artigiano delle scarpe è un nobile mestiere. Com’è nata la tua passione per le calzature? Quando hai iniziato a fare il calzolaio?
Io ho iniziato a lavorare nel settore delle calzature a partire dal 1980. Terminati gli studi presso l’Istituto d’Arte a Roma mi sono trasferito a Montegranaro, il paese delle calzature per eccellenza. Mi sono “tuffato” in pieno in questo settore, che mi ha preso subito perché puoi esprimere la fantasia. Si lavora con i pellami, il cuoio, i colori, le cuciture. Nel periodo tra il 1980 e il 1990 ho lavorato come operaio presso alcune fabbriche di calzature e poi dagli anni ‘90 ho iniziato a lavorare da solo e ad apprendere l’arte del “saper fare le scarpe”. In realtà ho imparato quest’arte nella sua totalità quando ho incontrato il mio Maestro. Io già conoscevo Basilio Testella ma l’ho iniziato a frequentare nel 2008 quando era malato; proprio durante la sua malattia è scattato qualcosa tra me e lui, un feeling, e mi ha trasmesso tutta l’arte del suo sapere di 80 anni di vita.
La mia passione è nata dai colori, diciamo che i colori sono il mio “forte”! Con il tempo, però, mi sono reso conto che mi mancava un qualcosa che solo un Maestro, quale Basilio, mi poteva trasmettere: la lavorazione del fondo della scarpa. Io sono maggiormente portato a fare la parte superiore della scarpa, la tomaia. Basilio con i suoi insegnamenti mi ha portato a mettermi in discussione, insegnandomi a perfezionare il fondo. Lui mi ha dato la spinta per intraprendere questo viaggio che sto portando ancora oggi avanti.

Sei stato l’allievo prediletto di Basilio Testella vincitore del Premio Picchio d’oro. Chi era Basilio?
Si sono stato il suo allievo prediletto. Chi era Basilio non posso dirlo, magari posso dire chi è ancora. Io quando parlo di lui è come se vivesse, io rido ancora quando penso alle sue battute. Lui è stato per me, e credo non solo per me ma anche per molti altri prima di me, il più grande calzolaio del mondo. Noi lo abbiamo avuto nelle Marche! Non c’è nessuno in un’azienda di Fermo che non sia stato allievo di Basilio. Ha rappresentato non solo un Maestro di arte ma anche un Maestro di vita. Lui era malato e sono stato l’unico allievo che non ha fatto nulla a banchetto, perché stava talmente male che non riusciva neppure a fare le scale per scendere in bottega. Io ho imparato tutto semplicemente ascoltandolo parlare.

Lavorare e creare le scarpe a mano implica una complessa procedura. Quanto tempo si impiega per realizzare un paio di scarpe?
Questa è la domanda che mi mette sempre in difficoltà ed ora spiego la ragione. Potresti realizzare tre paia di scarpe al giorno, un paio al giorno, ma anche un paio ogni tre giorni, un paio ogni dieci giorni, oppure, come è successo per il paio realizzato per il Re del Marocco, sei mesi,che sono trascorsi da quando l’ho pensato a quando l’ho portato a termine. Non posso dire con precisione quanto tempo si impiega, dipende dalle lavorazioni, dipende da ciò che si vuole fare sopra, dipende anche dallo stato d’animo! Sembrerà stupido ma è cosi! Quando fai delle cose in forma artistica non è che ti svegli la mattina e le fai, se non hai lo stato d’animo giusto non le fai, magari fai le cose più basilari. Io ogni tanto ho questo campanellino che mi dice di fare cose particolari e impiego tanto tempo per farle. Tecnicamente una scarpa fatta a mano consta di 52 passaggi, ogni passaggio è un mestiere, perciò dipende. Un paio di scarpe totalmente a mano si possono fare anche due giorni, ma vanno considerati anche i tempi della consegna. Io la scarpa la faccio stare quasi un mese in forma, non la consegno subito, ma solo dopo trenta giorni.

Sei un artigiano e un artista al contempo. Abbini pellami a forme e lavorazioni, attento all’innovazione e alla sperimentazione. Con particolare attenzione all’uso del colore.
Io mi sono innamorato delle scarpe colorate quasi 30 anni fa. D allora ho sviluppato un gusto mio. Come il musicista che ascolta un genere e gli piace un cantante e un compositore, capisce il genere e fa sua la composizione musicale, il pezzo, così io faccio con le scarpe. Io non creo imitazioni, assolutamente. Oggi purtroppo si imita, non ti inventi niente. Io mi sono inventato qualcosa! Ho un mio stile, che può piacere come non può piacere, ma è lo stile mio! Come nella musica senti la tromba di Miles Davis e lo riconosci per lo stile, così una scarpa particolare la riconosci come mia. Per scarpa particolare intendo una scarpa gioiello o una scarpa con un abbinamento particolare di tessuti, pelli, colori. Capisci che è la scarpa di Doriano.

Il colore è il tuo forte. In una tua passata collezione hai abbinato i colori alla pittura antica. Com’è nata l’idea?
Poco dopo la morte del Maestro, nel 2010, ho creato dei colori molto particolari e completata questa collezione, non sapevo come definirli. Ho trascorso una settimana a ricercare e a guardare i quadri dei pittori del ‘500 ed ho trovato sulle loro tele, in ciascuno di loro, i colori che io, in qualche modo, avevo creato. Ho associato i miei colori alle sfumature di colore presenti nelle pitture. Ho avuto così l’input per dare un nome ai miei colori nella loro particolarità. I modelli non li ho chiamati perché gli puoi dare qualsiasi nome, non ti inventi nulla di nuovo, li puoi definire con le lettere, con dei numeri, nomi di città o di persona.

Ciascun paio di scarpe Doriano Marcucci è unico?
Sì, diciamo che si potrebbe trovare una venatura della pelle naturale su una scarpa quindi il colore viene assorbito proprio in quel punto diversamente, così devi riuscire a realizzare questa particolarità anche sull’altra scarpa. Non è sempre facile. L’abilità consiste nel fare la destra e la sinistra il più uguale possibile. Per questo ciascun paio è unico e non è mai perfettamente uguale ad altre paia, questa anche è la particolarità! A volte il difetto diventa il pregio.

L’utilizzo del filo di rame intrecciato in una delle tue lavorazioni, sul modello norvegese, è una delle tue geniali sperimentazioni. Com’è nata?
C’è una storia dietro l’idea del filo di rame. Un giorno andai a trovare in casa il mio Maestro, il quale era seduto sulla sua solita poltrona in pelle, attorcigliando due fili di rame. Basilio, dopo qualche minuto che ero intento ad osservarlo, mi chiese: “Perché i pomodori miei so’ più buoni degli altri?”. Il motivo era perché lui l’acqua ramata, come si dice da noi, la faceva con il rame. Basilio legava sulla pianta questo filo di rame e con l’acqua piovana o l’acqua con cui annaffiava, l’acqua diveniva ramata: in modo naturale e non sintetico. Da questo episodio mi venne l’idea e gli chiesi: “Non potremo fare una treccia tutta in rame sulla scarpa?”. Egli mi rispose che era possibile. Così osservando la tecnica con cui egli intrecciava questo filo di rame, il giorno dopo in bottega presi un cavo della corrente 380 Kw, in modo da avere due fili un po’ più grandi, li intrecciai tutti e realizzai la prima scarpa norvegese con la treccia di rame. È stata un’idea geniale perché successivamente mi ha dato la spinta per fare la scarpa tutta in oro ed arrivare oggi a fare le scarpe gioiello.

Oltre al rame, utilizzi e lavori anche altri metalli per rifinire le tue scarpe?
Sì, l’oro. Sono stato il primo italiano nel mondo, premiato tra le 100 eccellenze italiane, a fare la scarpa gioiello da uomo. La prima scarpa con la treccia in oro che ho realizzato, è stata per Benedetto XVI e poi per il Re del Marocco. Non c’è arrivato nessuno. Non è solo pensarla ma farla! Ecco, una cosa di cui posso vantarmi senza peccare di presunzione, è che io riesco a vedere le cose finite prime di iniziarle.

Questa è una peculiarità degli artisti-artigiani, non credi?
Più degli artisti che degli artigiani. Gli artigiani hanno una buona manualità, l’artista, invece, ha più fantasia. Io mi sento tutti e due. Io mi sento artista, dove l’artigianalità e la manualità mi fa tirare fuori quello che è nel pensiero. Quando io penso qualcosa di particolare non faccio mai prove, da artista penso da artigiano realizzo. Non ho mai fatto una prova e non ho mai dubitato che avrei potuto sbagliare, anzi molto spesso, nel percorso ho migliorato tantissimo perché da un’idea é scaturita un’altra idea. La scarpa del Re del Marocco è stata un continuo evolversi, ma anche la collezione portata in Qatar è il risultato di una costante evoluzione. Ci ho messo non solo la maestria ma più gioielli lavorati nella scarpa. Materialmente ho creato la scarpa più preziosa che abbia mai realizzato fino ad oggi.

La Bottega Vicolo d’Arte è un “museo”, banchetti, scalpelli, strumenti da lavoro ereditati dal tuo Maestro Basilio, antichi macchinari usurati dal tempo, carrelli vecchi di legno, materiali e pellami pregiati, disegni, strumenti musicali. L’arte di fare scarpe e la musica come si combinano?

Con gli anni inizio a credere che qualsiasi forma d’arte si accosti. Se io, ad esempio, avessi avuto la pittura quale hobby invece della musica, mi avrebbe comunque dato la spinta a fare le scarpe proprio per lo stimolo nell’uso e creazione dei colori. Io non mi sento un calzolaio, mi sento più artista, perciò quando vado a banchetto ci vado con la testa di artista e con un cuore da artista, non vado con l’obiettivo di fare una scarpa che devo vendere, ma prima di tutto voglio fare qualcosa di particolare, qualcosa che mi stimoli, che mi faccia venire la pelle d’oca. Che mi emozioni.

Da quanto tempo fai scarpe a mano? Ogni volta ti emozioni?

Le scarpe realizzate completamente a mano da 7-8 anni. Si mi emoziono perché il banchetto dà emozioni. Se uno non lo prova non si rende conto: emoziona anche solo vedere fare le scarpe, figuriamoci se tu le crei. È qualcosa che ti vedi crescere sotto le mani, si crea davanti agli occhi, poi man mano che vai avanti non devi aspettare giorni interi, finito un passaggio hai finito un mestiere.

Abbini la musica all’arte di fare le scarpe. Suoni i tuoi strumenti musicali tra una pausa e l’altra? Cosa suoni?
Si, solitamente suono quando mi viene lo stimolo, così come chi necessita di fumarsi una sigaretta durante il lavoro, a me viene voglia di suonare mentre lavoro, e suonare mi rilassa e mi ricarica. Non potrei fare a meno della musica! Io sono un polistrumentista. Il mio strumento principale è la chitarra brasiliana, canto e suono musica popolare brasiliana. Suono il trombone a tiro Coulisse, ho studiato per tre anni musica afro-cubana, suono le Congas, e da alcuni anni mi diletto a suonare il Didjeridoo, uno strumento aborigeno. Gli strumenti li ho tutti dentro la bottega.

Le tue creazioni sono state definite le “Ferrari” delle calzature da Giancarlo Maresca, rappresentante delle firme più prestigiose del lusso a livello internazionale. Cosa pensi di questa definizione?
Giancarlo Maresca è un personaggio da prendere in considerazione in quanto un vero conoscitore della moda, del lusso, del lusso vero. Lui conosce bene i tessuti, il peso delle stoffe, porta scarpe fatte tutte a mano, non solo realizzate da me ma anche da altri artigiani. Maresca è un intenditore che quando conosce una cosa la conosce fino in fondo. È venuto in bottega, lo sento spesso, è un gran Maestro. Ha definito Ferrari le mie scarpe, e a me fa piacere, ma io francamente non mi sento superiore agli altri: mi sento diverso, mi sento io. Mi entusiasma di più il fatto di essere me stesso. Chiaramente è dura ma sono contento perché ho il mio stile, che potrebbe piacere come non potrebbe piacere, ma è il mio stile e mi identifico con quello che faccio. Se non ti emozioni il lavoro diventa una sofferenza!

“Il termine lusso si è trasformato in una sorta di contenitore - ha detto Maresca – si identifica con il concetto di possesso, mentre dovrebbe significare libertà dalle attività delle quali si possa fare a meno”. Cos’è il lusso secondo Doriano Marcucci?
C’è la collezione del lusso. Secondo me, ad esempio, una scarpa gioiello, che è lusso puro, la devi portare prima di tutto con la testa, devi saperla portare. Il lusso deve essere raffinato, stare nel lusso non significa necessariamente avere soldi, anche se che con i soldi puoi comprare le cose che vuoi, ma si tratta di una questione mentale. É un concetto più fine. Io intendo lusso come qualcosa di particolare, non comune, bello. Ma soprattutto occorre saper portare il lusso.

Nel corso degli anni, si è verificata un’evoluzione del concetto del lusso?
Oggi c’è il lusso sfrenato e c’è tanta povertà. Chi può permettersi il lusso sfrenato richiede sempre più lusso, non ha problemi. Non c’è più la via di mezzo, o il lusso altissimo o non c’è nulla. Si sono separate ancor di più le categorie, il ricco e il povero, il ceto medio sta scomparendo.

Nel corso del tua vita professionale in quale occasione ti sei maggiormente emozionato?
Un’emozione forte l’ho avuta con la realizzazione della treccia in rame, una più forte quando ho creato le scarpe di Benedetto XVI, ma ancora più forte per la scarpa del Re del Marocco, poi ancora più forte per la collezione portata in Qatar, e poi ancora ancora più forte sarà quando farò le cose nuove. Io ho il cuore sempre aperto.
Se tu hai il cuore aperto ti emozioni sempre! Se tu fai una cosa che per te è vita ti emozioni! A me emoziona, in qualche modo, solo tenere le pinze in mano, figuriamoci a fare un colore, una cucitura, a metterci l’oro, la fantasia. É un continuo evolversi perciò non si finisce mai! Ma questo fa parte della natura umana, un po’ è anche caratteriale. Mai dire mai! É scontata ma è vero! Per quanto mi riguarda, io non dico mai questo è il pezzo più bello che ho fatto, non mi è mai successo. Ho lasciato sempre la porta aperta! Ripeto, lo stato d’animo gioca talmente tanti ruoli che tu una cosa a cui non avevi mai dato peso ti potrebbe dare emozione più di un’altra che è luccicante: ad esempio ti potrebbe dare emozione l’opaco invece del lucido e fino ad oggi avevi portato sempre avanti la lucentezza. Il brillante ti emoziona, ma non è detto! Ti emoziona anche la scarpa semplice. Dipende dallo stato d’animo in cui ti trovi!

Le tue scarpe si possono acquistare in Italia a Roma, all’estero a Zurigo e a New York.
Per essere precisi in Italia non ci sono negozi che vendono le mie scarpe. Io servo un cliente da molti anni che ha un negozio a New York anche se è originario di Roma. A Zurigo, un negozio vende anche le scarpe Doriano Marcucci, con la possibilità, di ordinarle su misura. Servo i privati che vengono anche in bottega a farmi visita, ho il mio cerchio di amicizie, non solo clienti, ma spesso mi capita di instaurare con alcuni di loro anche un rapporto personale.

Sei molto apprezzato all’estero, gli Emiri sono molto affascinati, in particolare dai tuoi modelli più lussuosi, le scarpe gioiello. Ritieni che la categoria dell’artigiano, in generale, nel nostro paese sia valorizzata ed adeguatamente tutelata?

In realtà non mi sento tutelato completamente. Non sono solo io, la categoria degli artigiani. Ci sono moltissime eccellenze nelle Marche. Si dovrebbe investire di più per la nostra categoria, l’artigianalità è una grande risorsa per il nostro Paese e dovremo esserne fieri. Io ho ricevuto molte proposte dall’estero per insegnare nelle scuole la mia arte e potrei far felice le aziende all’estero. Ma io sono legato alla mia regione, le Marche, e alla mia terra, l’Italia.

Ha mai pensato o pensi che in futuro potresti trasmettere la tua preziosa arte e la tua grande passione a giovani realmente interessati a imparare l’arte del calzolaio?

Io ho pensato di trasmettere la mia arte attraverso una scuola, ma una scuola particolare. La prima cosa che farei è dare me stesso, la testa e il cuore. Al ragazzo non insegnerei solo il mestiere ma darei il metodo che adotto per me, che personalmente credo sia validissimo. Il ragazzo non si deve annoiare ma deve stare bene. Io so come insegnargli il mestiere e farlo divertire perché l’ho fatto su me stesso, altrimenti il lavoro del calzolaio è duro, molto duro. La scuola mi è stata proposta tantissime volte, soprattutto dall’estero ma la soddisfazione sarebbe una scuola in Italia e nelle Marche, nella mia terra. Ma la scuola deve farmi vivere. Non posso far pagare gli allievi, si dovrebbe sovvenzionare una tale iniziativa. Mi lascio questa strada per il periodo in cui andrò in pensione, ora sono molto attivo come artigiano e devi scegliere se fare l’artigiano o fare la scuola, non si può fare entrambe le cose. Non ci ho mai creduto! Se scegli la strada della scuola, quale insegnante hai il compito di trasmettere la tua fantasia, la tua voglia di lavorare, e dopo il bravo allievo va avanti con la sua curiosità. Io non riuscirei a fare l’artigiano e l’insegnante al contempo, poiché quando io faccio una cosa mi ci butto totalmente e difficilmente mi sdoppio.
Per me il pensiero della scuola è sempre fisso, ma la mia concezione non è quella di una scuola all’interno di un’azienda finalizzata alla formazione di operai specializzati, che comunque è un’ottima cosa ed è giusto che ci sia. Il mio concetto è completamente diverso! Il mio compito non è insegnare il mestiere del calzolaio per fare l’operaio in una fabbrica specializzata, ma la scoperta dei talenti. Ciò non esclude la possibilità di svolgere nella vita un altro mestiere.
Come può accadere ad un musicista al quale all’inizio piace suonare la batteria e successivamente si rende conto che è più bravo a suonare il piano, così passa a suonare definitivamente il piano, o magari suona sia la batteria che il piano per la sua spiccata capacità di suonare gli strumenti musicali; cosi vale anche quando sei a “banchetto” a fare la scarpe e mostri facilità a fare le cuciture ma puoi mostrare maggiore capacità a fare i colori. Questa è una bellissima scoperta ed occorre sviluppare questo aspetto! Il mio concetto di scuola è innovativo, non migliore rispetto all’idea degli altri, ma è un concetto diverso come ritengo di essere io: diverso!

di Rossella Bianco

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