La donna del secolo

A duecento anni dalla morte di Madame de Staël

di Giuseppe Muscardini

Sull’onda del Gran Tour, che tra Sette e Ottocento formò il gusto estetico di molti giovani, Madame de Staël percorse tra il 1804 e il 1805 le strade d’Italia con occhio vigile, ricavandone gli spunti per Corinne ou l'Italie. A seguito della pubblicazione di un articolo intitolato Sulla maniera e la utilità delle Traduzioni, uscito nel gennaio 1816 sul periodico letterario milanese «Biblioteca italiana», Madame de Staël è considerata come l'iniziatrice del movimento romantico in Italia.

L'Italia di Corinna
Era figlia del ginevrino Jacques Necker, uomo politico ed economista che fu ministro delle Finanze per ben tre volte alla Corte di Luigi XVI a partire dal 1776. La madre era la vodese Suzanne Curchod, appassionata di letteratura, nel cui salotto approdarono Buffon, Diderot e d'Alembert. Avrebbe potuto Anne-Louise Germaine Necker, baronessa di Staël-Holstein, non ereditare dai genitori le forti passioni che guidarono la sua esistenza? E avrebbe potuto non scontrarsi più tardi con Napoleone Bonaparte, che le impose l’obbligo di tenersi distante almeno quaranta leghe da Parigi per aver lodato la letteratura tedesca dalle pagine di De l’Allemagne, dove aveva coraggiosamente riconosciuto alla Germania il primato spirituale dell’innovazione letteraria che all’epoca era in atto in Europa?
Trasferitasi nel Castello di Coppet, sontuosa residenza di famiglia a venti chilometri da Ginevra, la nuova condizione di esiliata non le impedì tuttavia di viaggiare e di riunire nel proprio salotto sul Lemano, al pari della madre, intellettuali ed artisti. Un viaggio in Italia intrapreso tra il 1804 e il 1805, le permise di concepire il romanzo dal taglio autobiografico intitolato Corinne ou l'Italie, conferendo alle sue pagine peculiarità che ne fecero un’opera apprezzata da quanti sostenevano la necessità di un accorpamento politico degli Stati europei, ideale abbozzo di un’aspirazione attuata solo in tempi più vicini a noi. Visitando il bel Paese in compagnia dell’economista ginevrino Jean-Charles-Léonard Sismonde de Sismondi, Madame de Staël indugiò su bellezze storiche e artistiche, su struggenti paesaggi e luoghi incantevoli, su ombre lanciate dalla fievole luce delle lanterne, come accadde nella Gipsoteca di Antonio Canova a Possagno. Ma nel contempo si soffermò sulle contraddizioni di un Paese dove agli inizi dell’Ottocento le nostalgie per il passato e le malversazioni depauperavano le risorse intellettuali, e dove la mancanza di un’intellighenzia capace di avvicinare gli italiani alla compagine europea era drammaticamente sentita da chi proveniva da fuori.

Dietro la finalità letteraria, il valore morale dell'opera
La protagonista è una giovane artista animata dal desiderio di viaggiare e di conoscere, nella quale si ipotizza la personificazione della pittrice grigionese Angelica Kauffmann. Ma va anche detto che nella finzione letteraria il personaggio di Corinna Edgermont, nata da padre inglese e da madre italiana, trae ispirazione dall’esistenza di Maria Maddalena Morelli, scrittrice di Pistoia conosciuta in Arcadia con lo pseudonimo di Corilla Olimpica. L'ammirazione che gli uomini di cultura italiani e stranieri manifestarono per la Morelli, attratti dal suo talento di verseggiatrice capace di improvvisare rime con grande facilità, fecero di lei una donna celebre, tanto che l'imperatore Francesco I ne richiese la presenza presso la Corte di Vienna nel 1765 per conferirle l'incarico di poetessa laureata. Vi rimase sei anni, trasferendosi poi a Roma dove artisti di fama come Christopher Hewetson e Pietro Labruzzi, facevano a gara per poterla ritrarre, nel tentativo di immortalare le sembianze di una donna dotata di straordinarie capacità. Comprensibile dunque, anche per le affinità biografiche con Madame de Staël, che Maria Maddalena Morelli fosse presa a modello per incarnare Corinna.

L'Italia di Madame de Staël: un paese solare dal passato illustre
La traduzione in lingua italiana di Corinne ou l’Italie uscì nel 1808 dai torchi tipografici di Guglielmo Piatti di Firenze con il titolo di La Corinna ossia l’Italia della Signora Staël-Holstein, a tutt’oggi considerata l’opera più celebre della scrittrice. Dello stesso anno è la traduzione in lingua inglese, pubblicata in due volumi a Philadelphia da Hopkins & Earle con il titolo di Corinne, or Italy, che reca nel frontespizio i versi petrarcheschi Udrallo il bel paese, ch’Appennin parte, o ‘l mar circonda, e l’Alpe, tratti dal Canzoniere e contenuti nel sonetto O d'ardente vertute ornata et calda.
Vorremmo non farlo, ma l’associazione di idee è talmente istintiva che non possiamo prescindere da una riflessione storico-letteraria scaturita dalla rilettura di Corinna a distanza di duecento anni dalla scomparsa della sua celebre autrice. Ci rifaremo qui alle riflessioni tutt'altro che politiche, rese in anni "non sospetti" da Giulio Ferroni nella sua encomiabile.
Storia della letteratura italiana: l'Italia visitata da Madame de Sael e descritta nel romanzo è un’Italia “solare” che al tempo stesso ha qualcosa di malinconico e mortale, quasi schiacciata dal peso del suo illustre passato e abbandonata ai margini dello sviluppo europeo: un’Italia in cui si sente soprattutto la mancanza di gruppi intellettuali capaci di attirare abitudini sociali positive, valori civili, un’opinione pubblica efficace e produttiva. La comparazione è spontanea e l’attualità emerge decisa.
Lo spunto ideologico sviluppato in Corinna seppe dilatarsi quando la stessa Madame de Staël pubblicò nel gennaio 1816 sul primo numero del periodico milanese «Biblioteca italiana» un articolo dal titolo Sulla maniera e l'utilità delle traduzioni, indirizzato agli intellettuali italiani che venivano accusati di essere troppo legati al passato, senza per questo avvedersi dei balzi in avanti compiuti dalla letteratura europea. Un intento polemico caratterizzava quell'articolo, segnatamente nella parte in cui l'autrice asseriva che gli italiani da secoli continuavano a rimestare nella cenere gioielli ormai trovati, riferendosi alle nostre più accreditate glorie letterarie, Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso. Occorreva a suo dire saper intravvedere orizzonti diversi, allargare gli ambiti, se si voleva competere con l'affermarsi delle culture d'oltralpe. Da qui si aprì il dibattito serrato fra classicisti e romantici, iniziato con Pietro Giordani che di lì a poco, in risposta all'articolo della De Staël, sostenne la sua posizione dalle stesse colonne della «Biblioteca italiana». Giordani mediò: se da una parte riconosceva che la cultura italiana ristagnava nel passato privilegiando un sentire classico, dall'altro difendeva ciò che era nostro, orientato da secoli verso un'idea estetica della letteratura, aliena al nuovo perché il bello era una categoria dello spirito a cui proprio gli antichi, latini e greci per intenderci, erano già approdati. Il movimento romantico tuttavia sgomitava, accogliendo per buone le idee della De Staël e convincendo della loro validità la nutrita schiera di letterati e poeti italiani che si dibattevano fra vecchio e nuovo. Tra questi Vincenzo Monti, che le attribuì il nome di donna del secolo, in ragione della sua comprovata perseveranza e onestà intellettuale.


1. François Pascal Simon Gérard, Ritratto di Madame de Staël olio su tela, 1810 circa, Castello di Coppet, Salone dei ritratti

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