Qualche altra spigolatura in salsa giapponese

di Mirko Formenti

Un articoletto non bastava ad elencare le stranezze di questa terra lontana: la lista prosegue.


Partiamo dal nome giapponese del Giappone: abbiamo già detto che ha origine cinese, senza spiegarne il motivo – beh, ecco qui: i kanji che costituiscono il nome del Giappone in giapponese (nihon, o, in rari ambiti formali, nippon) sono quelli che corrispondono ai concetti di “sole” (che, in questa conformazione, si pronuncia ni, da nichi) e “origine” (hon). Per i cinesi infatti il Giappone rappresentava quell’isola dalla cui direzione vedevano spuntare il sole – letteralmente, dunque, il paese del sol levante, come ancora oggi si dice in molte lingue. La denominazione cinese è poi stata importata in Giappone (insieme ai kanji e a numerose parole e pronunce) ed ha sostituito quella autoctona, Wa.
In Giappone non si lasciano le mance. Non si fa, semplicemente.
In Giappone il pianterreno non esiste, cioè è considerato il primo piano, dunque il secondo piano giapponese corrisponde al nostro primo piano e così via.
La prostituzione in Giappone è illegale. E con prostituzione si intende precisamente: sesso a pagamento. E con sesso si intende precisamente: l’azione di un pene che entra in una vagina. Questo significa naturalmente che, esclusa la circoscritta tipologia della penetrazione vaginale, qualsiasi altra forma di servizio sessuale a pagamento (e intendo dire: qualsiasi) è perfettamente legale.
Dal punto di vista legale, in Giappone si raggiunge l’età del consenso sessuale a 13 anni.
Ogni stazione della metro di Tokyo ha una sua specifica musichetta, un jingle che viene riprodotto ogni volta che arriva un treno, così chi è sovrappensiero può rendersi conto di aver raggiunto la sua fermata riconoscendone il motivetto senza dover alzare gli occhi dall’immancabile smartphone – o piuttosto dal manga.
Ad Akihabara, il quartiere nerd di Tokyo, c’è un immenso sexy shop con centinaia di capi di lingerie e di costumi stravaganti per i quali puoi ottenere un notevole sconto se permetti ai commessi di scattarti una foto istantanea mentre lo indossi per poi appenderla alla parete del locale. Che ne è naturalmente ricoperta.
In Giappone i telefonini hanno impostato di fabbrica un suono che si attiva ogni volta che si scatta una foto, così che sui mezzi pubblici o per strada la gente non possa filmare o fotografare di nascosto sotto alle gonne delle ragazze passando inosservata, un simpatico passatempo evidentemente molto diffuso.
Nonostante anche i giapponesi stessi oramai in larga maggioranza usino le bacchette, in teoria il sushi andrebbe mangiato con le mani.
In Giappone si guida sulla sinistra, all’inglese, e generalmente si cammina anche sulla sinistra, salvo poi, ogni tanto, nelle stazioni più trafficate, trovare cartelli che invitano curiosamente ad invertire l’ordine e camminare sulla destra, creando non poco trambusto tra i passanti.
A Tokyo, presso la centrale della polizia di Shibuya – uno dei quartieri dalla vita notturna più selvaggia – è presente un simpatico affisso che riporta, aggiornato in tempo reale, il numero di persone decedute per cause non naturali quel giorno, a Tokyo e a Shibuya. La macabra ricognizione partendo e poi tornando da una nottata di baldoria, commentando lo sviluppo, è una tappa pressoché obbligatoria.
In Giappone ci sono pochi barboni. Pochissimi. Nella stessa Tokyo non se ne vedono se non qualche singolo sperduto nei pressi delle stazioni principali, ma sempre in qualche vicolo secondario, raramente in piena vista. Pare che in realtà ce ne siano eccome, ma se ne stiano riuniti in piccole comunità che vivono tenendosi discretamente nascosti, per non turbare eccessivamente il pubblico con la loro presenza. Perché saranno anche barboni, ma restano pur sempre giapponesi.
L’aria a Tokyo, considerando la città che è, è inaspettatamente pulita. Nulla a che vedere con gli scenari apocalittici di Pechino, a Tokyo si respira bene e persino in centro il traffico è curiosamente limitato.
In diversi dei viali più affollati e popolari di Tokyo, come per esempio quello che conduce dalla stazione di Ikebukuro al complesso commerciale della Sunshine city, degli altoparlanti diffondono a volte calme e pacate musichette jazz, rendendo l’oceano di folla immersa nel silenzio una visione surreale.

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